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Dagger Code Action MD

Dagger Code Action MD published on

code-action-t di Paolo Santoné
Dopo grande attesa è finalmente disponibile (in numero limitato) anche sul mercato italiano il nuovo kayak full creek della casa americana.
Benché l’azienda la proponga come la “nuova Mamba”, quest’ultima era in realtà un river runner con propensione al creeking, mentre il nuovo modello sembra, per rocker, volumi e distribuzione degli stessi, decisamente più dedicato all’alto corso.

Ad un primo sguardo ciò che immediatamente colpisce è il rocker molto pronunciato, ma a questo siamo ormai abituati, quello che è invece particolare è la tipologia del rocker: più a fasi che progressivo. Per chi avesse dubbi ho scritto un articolo qualche anno fa dedicato alle diverse tipologie di rocker che potete trovare qui; ma per semplificare, un rocker progressivo è caratterizzato da un’unica curva continua, anche se il raggio può cambiare nelle varie sezioni dello scafo, mentre un rocker a fasi (o kick rocker) è contraddistinto da curve e linee spezzate (ricordate le prime Liquid Logic?). Anche se su questo modello appare meno evidente che su alcuni modelli passati, dalla vista laterale vediamo che dal grande sbalzo di punta, caratterizzato da una curva molto pronunciata, si passa ad una zona centrale pianeggiante, per poi passare ad uno sbalzo di coda di nuovo molto pronunciato, ma quasi rettilineo. Questa caratteristica è in controtendenza rispetto a molti creeker attuali e trova spazio solo su alcuni modelli, come le Waka OG e Billy Goat.
Questo tipo di rocker, a mio avviso, rende il kayak un po’ meno veloce, ma più facile da girare, in particolare quando è necessario correggere una traiettoria già impostata.

Esteticamente il kayak è curato, ma senza inutili fronzoli. L’unica concessione all’occhio è la nervatura laterale che percorre tutta la coperta, che assolve anche funzione di irrigidimento. Le maniglie sono in lega di alluminio, come su tutte le Dagger da acqua mossa; sono disposte tutte trasversalmente e quindi molto comode, sia per il trasporto che per il carico (specialmente nel caso in cui sia necessario issare le canoe sul tetto di un furgone). Davvero non capisco per quale motivo, dopo che ci sono voluti più di 30 anni per arrivare a questa ottima soluzione, molte case abbiano ricominciato a mettere le maniglie in posizione longitudinale, molto più scomode. Fortunatamente Dagger non è tra queste. Lo spazio per l’impugnatura è sufficiente, seppur non abbondantissimo. La linea acquista un po’ di slancio grazie al grande sbalzo della punta e alla coda “a cuneo”, ma nel complesso si tratta di un kayak piuttosto massiccio, principalmente a causa della larghezza generosa. E’ interessante notare però che, a differenza di altri kayak, la larghezza massima in coperta è raggiunta grazie ai fianchi che salgono a V e la parte piatta di fondo non è quindi così larga. Questo determina un diverso comportamento in acqua, come andremo a vedere. I rails di collegamento tra il fondo pianeggiante e i fianchi, benché ben evidenti, specialmente nella parte centrale, sono anch’essi piuttosto morbidi e non troppo aggressivi.

La versione Action è caratterizzata da un’impostazione interna più essenziale, che permette un costo e, soprattutto, un peso più contenuti rispetto alla versione Creek. Sono presenti il puntapiedi a piastra regolabile (che è il medesimo della versione più cara, ma viene fornito con qualche espanso in meno), lo schienalino con regolazione a cricchetti (sostanzialmente analogo anche questo), premicosce (l’imbottitura per il ginocchio è fornita a parte, autoadesiva, e deve essere posizionata dall’acquirente), il sedile è in posizione fissa e non molto contenitivo (ma abbastanza leggero), è fornito di tappetino imbottito e fianchetti, ma nel mio caso (essendo smilzo) ho dovuto aggiungere spessori ed alzare la seduta di un paio di centimetri.
C’è insomma tutto quello che serve veramente, ma, come si faceva una volta, è necessario un minimo di bricolage per adattare perfettamente il kayak alla propria corporatura.
Il vantaggio, oltre al risparmio di circa 250 euro, consiste in un peso di circa 2 kg inferiore alla versione creek. Al mio peso questo kayak risulta poco più di 21 kg. Le altre misure sono, come per la creek, 267 cm di lunghezza e 68 di larghezza (riferite alla versione MD). Il volume dichiarato è di 337 lt (89 galloni), ma ad occhio potrebbe essere anche superiore.
Il difetto più grosso nell’impostazione è costituito a mio avviso dal puntapiedi: infatti pur essendo regolabile in altezza, attraverso 4 viti che permettono di estendere le piastre, l’ampiezza massima non permette, per i paddler meno alti, di riempire tutta la luce dello scafo. Ciò dipende dal fatto che il medesimo puntapiedi è impiegato non solo sulle tre taglie della Code, ma anche sulla ben più piccola Rewind. Questo, a mio avviso, in un kayak che nella versione entry level costa di listino 1250 euro e ben 1500 nella versione premium, è un difetto difficile da perdonare a un marchio con la storia di Dagger.

Veniamo ora al comportamento in acqua. Iniziamo dalla stabilità che, come ci si poteva aspettare, è ottima, ma senza quell’effetto chiatta dei kayak che hanno il fondo largo come la coperta. La stabilità primaria è quindi buona ed ispira subito confidenza, ma è comunque facile inclinare lo scafo spostando il peso e utilizzando le ginocchia. La stabilità secondaria è eccezionale, grazie appunto all’inclinazione dei fianchi di cui ho parlato precedentemente. Le transizioni side to side sono molto morbide ed è agevole stabilizzare la barca sul fianco mantenendola inclinata a 45°. Il risultato di queste geometrie è uno scafo molto progressivo negli sbilanciamenti, che avvengono sempre gradualmente e senza quell’effetto “fionda” di alcuni kayak stabilissimi ad assetto piatto, ma che quando perdono supporto lo fanno di colpo.
Il kayak gira molto facilmente sia ad assetto piatto, sia inclinato sul fianco (per contro la direzione va sempre tenuta sotto controllo perché la barca gira immediatamente insieme allo sguardo). E’ molto facile da controllare in ogni situazione e le traiettorie possono essere corrette anche quando il kayak è in velocità. La parte posteriore risulta neutra e non si fa mai “pizzicare” dalla corrente; inoltre grazie alla forma a cuneo che si assottiglia decisamente verso l’estremità si riduce la tendenza a picchiare la coda sotto nei boof. Questi ultimi sono facilissimi ed esplosivi, sia per il grande sbalzo e portanza della punta, sia, come ho detto, per il disegno della coda. In planata la barca acquista velocità e portanza. L’accelerazione è discreta e bastano pochi colpi per lanciare la barca, anche se la velocità è inferiore ad altri modelli, nati espressamente per le gare di alto corso. Ma non è questo il target di questo kayak, che fa invece della facilità di utilizzo e della sicurezza i suoi punti di forza.
Perciò condurre questo kayak può risultare meno emozionante di altri modelli recenti che ho provato (penso ad esempio a Pyranha 9r o Zet Five), ma è facile e prevedibile. La barca perdona moltissimo, non ha mai reazioni nervose ed inaspettate, fatta eccezione per la direzione che deve essere tenuta sotto controllo per la facilità di rotazione dello scafo, e difficilmente mette in crisi il canoista. La manovra dell’eskimo non crea problemi grazie alla coperta arrotondata, e anche accesso e uscita dall’abitacolo sono molto agevoli. Un paddler evoluto la apprezzerà essenzialmente dal IV grado in su (il suo terreno preferito mi sembra il creek tecnico), mentre su difficoltà minori aiuterà i principianti a cavarsela in molte situazioni in cui un kayak più nervoso potrebbe metterli in difficoltà.

Mi piace di più Mi piace di meno
  • Stabilità secondaria
  • Facilità di utilizzo
  • Maneggevolezza
  • Abitabilità
  • Boooooof
  • Prezzo
  • Puntapiedi migliorabile

Un ringraziamento particolare ad Alpin Action che ha agevolato questo test.

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