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L’eresia tecnica del C1 slalom odierno

L’eresia tecnica del C1 slalom odierno published on

jess_fox_c1slalom_tacen2018 copiadi Paolo Santoné
Raramente mi cimento a scrivere di agonismo ufficiale, in quanto i maggiori successi li ho raccolti a suo tempo nel C1 freestyle e di alto corso, nondimeno prima di dedicarmi al rodeo mi sono allenato e ho gareggiato in C1 discesa e slalom. Andavo meglio in discesa, poiché per costituzione fisica ero più portato alle prestazioni di resistenza (lavoro aerobico) piuttosto che a quelle brevi (lavoro anaerobico alattacido e lattacido) che caratterizzano lo slalom; a quel tempo le gare di discesa non erano state snaturate come ora dal business televisivo (manco poi le trasmettessero così spesso in TV) e avevano durate dai 20′ fino a quasi un’ora, quindi molto adatte per me.
In slalom rendevo di meno, ma lo praticavo ugualmente, in primo luogo perché è la disciplina madre della tecnica, e se si vuole affinare la tecnica è indispensabile, in secondo luogo per divertimento. All’epoca inoltre non esistevano le barche da play, men che meno C1, quindi usavamo le slalom da quattro metri come playboat, per fare candele ecc…
Allora il C femminile non esisteva, alle ragazze era permesso competere solo in kayak, al massimo in C2 misto (un uomo e una donna) in qualche gara minore. L’assurda ragione accampata era che il C fosse “troppo lateralizzato” e quindi controproducente per le ragazze… Con lo stesso criterio si sarebbero dovute escludere da sport come il tennis, il golf, la scherma ecc…

In tempi più recenti il tabù è stato finalmente infranto, ma non essendoci una tradizione consolidata di C1 femminile cos’è successo? Molte ragazze che praticavano il kayak si sono messe a fare anche il C1, oppure altre che non avevano risultati soddisfacenti in kayak hanno ripiegato sul C.
Il risultato è che quasi tutte vanno in C come in K, cambiando in continuazione lato di pagaiata e senza saper utilizzare appropriatamente le manovre in debordé. Sull’onda di questa nuova moda anche diversi uomini hanno iniziato a cambiare lato di pagaiata in gara, tanto che il fortissimo kayakista ceco Jiri Prskavec ha iniziato a praticare anche il C1 in questo modo ed è rapidamente asceso tra i migliori, anzi tra i più veloci. Perché la correzione? Perché in questo caso la velocità non coincide con la tecnica migliore. A mio avviso questo modo di andare in C1, cambiando lato di lavoro a seconda delle porte da affrontare snatura la tecnica del C, il cui preziosismo sono proprio le manovre in debordé, rendendola una brutta copia del kayak, una specie di kayak con mezza pagaia. Inoltre mi sembra poco corretto nei confronti di quegli atleti che si sono sempre dedicati al C1 sviluppando la tecnica ortodossa. Se nonostante questo, grazie alle sua incredibili doti, Jiri rimane gradevole da vedere anche con questa tecnica “eretica” ed è comunque in grado, al bisogno, di padroneggiare le manovre sul lato opposto, nelle ragazze la situazione è decisamente più triste: non esiste quasi nessuna vera C-unista, in grado di condurre la barca senza cambiare lato di lavoro ogni poche pagaiate (brillante eccezione, che ho visto all’opera oggi, l’italiana Elena Micozzi, che ha concluso la finale degli eurogames a Cracovia senza fare switch e sfoggiando finalmente una tecnica appropriata, anche se è stata penalizzata da qualche tocco di palina di troppo). La stessa campionissima Jessica Fox, che pure sarebbe certamente in grado di esprimere una tecnica corretta, preferisce quasi sempre effettuare lo switch.
Ai miei tempi il cambio lato non si faceva. O meglio qualcuno lo faceva, io ero tra questi, a volte nelle lunghe gare di discesa, per dare sollievo ai muscoli affaticati: io che ero destro, nei tratti di collegamento tra le rapide, passavo al lato sinistro per riposare un po’ il destro, a cui tornavo però subito quando la difficoltà aumentava. Ma in discesa il debordé non si usa praticamente mai. In slalom non lo faceva nessuno. La tecnica era lateralizzata, si era o destri o sinistri e anche le imbarcazioni erano spesso impostate in modo asimmetrico, per favorire la pagaiata lateralizzata.
Ora, se come esercizio può essere produttivo imparare a condurre la barca da entrambi i lati, in gara il risultato, per chi lo fa, è la quasi totale eliminazione delle manovre in debordé, non sempre, oltretutto, ottenendo un vantaggio cronometrico, ma impoverendo decisamente l’aspetto tecnico.
Il mio parere, anche se non interessa a nessuno non mi privo della soddisfazione di esprimerlo, è che, per mantenere la peculiarità della disciplina, il cambio di lato in gara non dovrebbe essere consentito, oppure, se proprio non lo si vuole eliminare, non dovrebbe essere consentito di effettuarlo più spesso che ogni tre porte: in questo modo gli atleti che sanno lavorare su entrambi i lati potrebbero farlo, ma sarebbero comunque costretti a scegliere con quale lato affrontare le combinazioni e a sviluppare una tecnica appropriata anche sul lato opposto.
Lo spettacolo di C-unisti/e che effettuano due switch per fare un traghetto o affrontare una singola porta è ben misero e dal mio punto di vista non si può guardare.
PS: per chi iniziasse a obiettare che la tecnica migliore è la più redditizia e si chiedesse perché si dovrebbe impedire o limitare una manovra che si rivela (a volte) efficace: per lo stesso motivo per cui nella marcia non si può avere entrambi i piedi in sospensione (non è più marcia ma corsa), per lo stesso motivo per cui nello sci di fondo esiste la gara a tecnica libera che ammette il passo pattinato e quella a tecnica classica in cui non è consentito, e via discorrendo…

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