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Rails questi sconosciuti

Rails questi sconosciuti published on

KAYAKHULLSdi Paolo Santoné
I rails, in italiano binari, compaiono alla fine degli anni ’90 del secolo scorso, inizialmente sui kayak da freetyle, per permettere di carvare, vale a dire incidere, le onde con maggior precisione. E’ interessante notare che questo accorgimento non compare e non viene applicato nei kayak surf e nei wave sky da mare, che sono gli scafi in cui viene proprio ricercata la capacità di carvare le onde, e che conservano invece nel fondo, le caratteristiche di una tavola da surf; ma su questo torneremo dopo.
Andiamo per ordine. Verso la fine degli anni ’90, come abbiamo detto, gli scafi da “rodeo” o freestyle WW iniziano ad adottare il fondo piatto e ad accorciare le lunghezze. E’ chiaro che ciò va a discapito della velocità, ma poiché questa non è richiesta nella pratica del park and play non è un problema. Aumentano naturalmente la stabilità primaria, la maneggevolezza, la retentitività (cioè la capacità di essere trattenuti dentro all’onda o buco). Il fondo piatto ha inoltre la caratteristica, in presenza di un certo differenziale di velocità tra acqua e scafo, di non stare nell’acqua ma sull’acqua, e di planare con grande facilità.
Possiamo fare facilmente la prova avvicinando al getto d’acqua di un rubinetto la superficie concava di un cucchiaio e quella piatta di un coltello. Se terremo la posata solo con due dita, leggermente, per il manico, vedremo che mentre la superficie curva del cucchiaio viene “catturata” dal flusso, quella piatta del coltello appena lo tocca rimbalza, e non viene mai risucchiata. L’effetto aumenta tanto più forte è il flusso del getto d’acqua.
E’ chiaro che questo rende lo scafo molto più libero di ruotare mentre plana sull’onda e agevola tutte le manovre.
Nel giro di pochi anni tutte le canoe da freestyle adottarono il fondo piatto, ma la ricerca in questa direzione andò oltre, fin troppo oltre. Nella meccanica dei fluidi è stato appurato che lo scorrimento di un corpo immerso, o parzialmente immerso, in un fluido è condizionato, oltre che dalla forma naturalmente, da quello che viene definito “strato limite” ossia un sottilissimo film di fluido che si attacca alla superficie dello scafo.
Ora, dal momento che non sono un esperto mi appoggerò alla definizione di wikipedia: “Questa zona è chiamata strato limite di quantità di moto (o anche strato limite meccanico o semplicemente strato limite)[…].

Lo strato limite può essere di tipo laminare, dove i filetti fluidi sono lamine che seguono il contorno del corpo, oppure turbolento dove i filetti di fluido seguono linee intricate. Lo strato limite può transitare da laminare a turbolento attraverso una zona detta regione di transizione, ma non potrà mai tornare spontaneamente laminare. La transizione da laminare a turbolento viene favorita dall’aumentare della velocità e dalla rugosità superficiale del corpo e dalla forma meno affusolata del corpo. […] Lo strato limite turbolento presenta lo svantaggio di generare una resistenza maggiore rispetto a quello laminare, ma il vantaggio di avere una tendenza al distacco dal corpo minore. Questo è un vantaggio in quanto, ad esempio su un profilo alare, il distacco dello strato limite genera il fenomeno dello stallo, ovvero una notevole diminuzione della portanza.

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Inoltre, poiché un flusso laminare, se confrontato con uno turbolento, è meno capace di mantenere lo strato limite attaccato al corpo in moto nel fluido, in alcuni casi per i corpi tozzi conviene avere un flusso dello strato limite che sia turbolento. Ad esempio nel caso delle palline da tennis, la peluria che esse hanno sulla superficie consente di ridurre la loro resistenza di forma, mantenendo il flusso dello strato limite, reso turbolento da tale peluria, attaccato alla pallina più che se essa fosse liscia. Per lo stesso motivo, ad esempio, le palline da golf hanno una serie di impronte sulla superficie, le quali consentono che il flusso dello strato limite, reso turbolento da tali “fossette”, rimanga attaccato al corpo più a lungo e si distacchi in una posizione molto arretrata della superficie della pallina, riducendo così la dimensione della scia posteriore e, con essa, si riduce anche la resistenza di forma.”

Insomma, per dirla con parole povere questo film di acqua che si attacca allo scafo ne favorisce la scorrevolezza e se è turbolento, conseguenza di una superficie irregolare, forma un cuscinetto più spesso e che resta più facilmente attaccato.
Di qui i costruttori si sono sbizzarriti in esperimenti e a cavallo del nuovo secolo abbiamo visto kayak con fondi veramente fantasiosi, quando non improbabili, progettati estremizzando questo concetto. Il “vate” di questo periodo è stato indubbiamente il sudafricano Corran Addison, che si è sbizzarrito con alcuno degli scafi più estrosi e bizzarri che siano comparsi nel mondo del kayak fluviale, come la Fury e la Showbiz.

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A parte questi eccessi, la tipologia che si afferma maggiormente, nel fondo degli scafi da freestyle, in questo periodo è quella del planing disk (una zona centrale totalmente piatta, sia in senso trasversale che longitudinale, liscia o segnata da disegni di vario tipo) abbinato a un rocker a fasi con angoli pronunciati. Vedi l’articolo parliamo di rocker.
In questo periodo compaiono anche i rails, linee a sbalzo longitudinali ai margini laterali del fondo, che dovrebbero, nelle intenzioni, permettere all’imbarcazione più precisione negli spostamenti laterali sull’onda, e in parte effettivamente funzionano. Ricordiamoci sempre che stiamo parlando di onde fluviali, fisse e in cui il differenziale di velocità tra l’acqua che scorre (di solito velocemente) e lo scafo che vi rimane sopra in equilibrio dinamico è elevato e consente allo scafo di planare e all’acqua di assumere una “consistenza” maggiore, su cui il rail appunto può carvare, ossia “incidere” una linea.

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Contestualmente cosa accade? Che i praticanti, abituati a trascorrere ore di allenamenti di freestyle su scafi con queste caratteristiche, quando salgono sulle barche da creek, che hanno fondi più tondeggianti, fanno fatica ad adattarsi, la stabilità primaria è molto minore. Ecco allora che, soprattutto per ovviare a questo inconveniente iniziano ad uscire i primi creeker con fondo piatto, che riprendono le caratteristiche dei playboat. Tra i primi ricordiamo Necky Blunt, Pyranha H20 e Wavesport Y. Queste barche ispirano molta confidenza ai player, perché ricordano il comportamento e l’equilibrio dei kayak da freestyle. Anche le lunghezze tendono ad accorciarsi e ad avvicinarsi, pur rimanendo sempre un po’ più abbondanti, a quelle dei playboat. Le modifiche funziano: ci si accorge che il fondo planante può essere vantaggioso anche nel creek, permettendo di planare sui ritorni invece di infilarvisi dentro e, nel volume, di stare più fuori dall’acqua agevolando il controllo e sentendo meno le correnti laterali.

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Naturalmente molte di queste caratteristiche diventano anche “di moda” e vengono quindi utilizzate sugli scafi anche in assenza di una reale utilità, o nella convinzioni che servano, salvo poi notare, nel tempo, che scafi privi di certe caratteristiche, o che le presentano in maniera meno marcata, funzionano bene allo stesso modo, o a volte perfino meglio. Mentre Riot, sull’onda del suo estroso designer, continua a cercare soluzioni sempre più complicate e spigolose, molti costruttori iniziano lavorare in controtendenza. Necky, Dagger e Lettmann presentano modelli con fondi più semplici, lisci o quasi, e in cui il rocker a fasi viene superato per ritornare a una curva lungitudinale continua, e questi kayak si comportano molto bene. Qual’è il punto? Che la dinamica dei fluidi è influenzata dalla densità, dalla viscosità e dalla velocità. La pallina da golf con le fossette si muove in un ambiente a densità molto minore dell’acqua e ad una velocità molto superiore di qualunque canoa. Le “rugosità” necessarie a creare lo strato limite turbolento sul fondo di un kayak, non hanno bisogno di essere tanto pronunciate, altrimenti generano forze antagoniste che frenano l’imbarcazione, invece di favorirne lo scorrimento. Nel giro di pochi anni la maggior parte di queste caratteristiche esasperate viene abbandonata e i kayak park and play assumono più o meno l’aspetto attuale: lunghezza minima, di solito inferiore ai due metri, fondo planante ma non più a sbalzi, rocker continuo, rail o spigoli laterali piuttosto netti. Questa caratteristica rimane, perché sulle onde fluviali continua a dimostrare la sua utilità.

downloadAnche le barche da torrente si evolvono nella seconda metà degli anni 2000. Innanzi tutto recuperano un po’ di lunghezza, perché la velocità in fiume serve (ricordiamo che la velocità di uno scafo è proporzionale alla lunghezza della parte immersa e inversamente proporzionale alla larghezza della stessa), eccome se serve, mentre la retentività è un gran bene per un park and play, ma un gran male per un creeker. Riarrotondano i fianchi per avere un comportamento meno nervoso, finalmente alzano decisamente la punta, in modo da rimanere sopra le turbolenze e riemergere più prontamente dai dislivelli, adottano quasi sempre rocker continui anziché a fasi, con differenti raggi di curva a seconda dei modelli, aumentano il volume (anche questo parzialmente in conseguenza dell’aumento di lunghezza) e adottano quasi tutti la coda tronca. Il fondo va da planante a semiplanante, tendenzialmente un arco appiattito (in senso longitudinale), più o meno, a seconda dei modelli e dei produttori, i rail possono essere presenti o meno. In linea di massima i produttori si dividono tra quelli che adottato fondi più piatti abbinati con rail importanti (Waka, Jackson) e quelli che adottano fondi semiplananti con rail appena accennati o del tutto assenti (Dagger, Lettmann, Zet).

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Ed eccoci arrivati al punto che mi premeva affrontare: i rails servono su una barca da creeking o river running? Conferiscono maggior precisione all’imbarcazione, come affermano in molti?
Per rispondere a questa domanda bisogna riflettere su quanto si è detto prima. I rails funzionano, moderatamente, sulle onde fluviali, in cui il differenziale di velocità tra la barca, che sta sostanzialmente ferma, e l’acqua che le scorre sotto è piuttosto marcato. Non servono e difatti non vengono adottati sulle onde marine, in cui lo scafo avanza insieme all’onda, e il differenziale di velocità è nettamente minore. A velocità minore corrisponde una minore “consistenza” dell’acqua, e quindi i rails non lavorano, ma si usano le pinnette, di solito tre e di dimensioni decisamente maggiori di quelle che alcuni hanno provato ad adottare in fiume. Queste fanno effetto deriva e impediscono allo scafo di “scarrocciare” lateralmente sull’onda, e di rimanere appeso nel cavo. In torrente pinnette di questo tipo, non si potrebbero usare per il pescaggio eccessivo, e perché limiterebbero troppo la possibilità di rotazione del kayak.
Di converso pensiamo: quali sono gli scafi più tecnici e precisi nell’uso fluviale? Quelli da slalom ovviamente, sono progettati per questo. Hanno i rails? No! Sono stati fatti dei tentativi in questo senso, ma non hanno avuto successo. Ciò significa che non hanno prodotto l’effetto sperato. Lo stesso dicasi per concavità, sbalzi dislivelli ecc… Qualcuno adotta piccole pinnette posizionate in posizione centrale, ma non sembra che portino grossi vantaggi (altrimenti le userebbero tutti). E se i rail non servono sui kayak da slalom, che sono decisamente più veloci di un creeker, perché dovrebbero funzionare su quest’ultimo? Il differenziale di velocità tra l’acqua e lo scafo è troppo limitato per pensare che questi binari incidano in qualche modo, l’acqua non è abbastanza “dura”.
Di conseguenza la mia impressione è che i rail abbiano ben poca influenza sul comportamento di un kayak da creek o river running. Impressione avallata dal fatto che il kayak che uso dalla scorsa stagione, il Five di Zet, ne è completamente privo, ed è una delle barche da torrente più precise e dinamiche che abbia provato. Stesso dicasi ad esempio per LL Braap.
Caratteristiche essenziali sono invece la curvatura del fondo, sia longitudinale che trasversale, il disegno del fianchi, e la distribuzione dei volumi. Spesso la scelta dipende da preferenze e gusti personali, dato che scafi di ultima generazione di case diverse con caratteristiche, come abbiamo visto, abbastanza differenti tra di loro, sono impiegati ad altissimo livello da molti pro, e dimostrano di avere ottime prestazioni e comportamenti, nonostante le differenze, tutto sommato non così dissimili.

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