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Fiumi di plastica

Fiumi di plastica published on

aa59fb166378734fdb46df769ae847ea_XL L’inquinamento è ormai uno dei problemi principali dei nostri giorni, se non addirittura il più grave. L’inquinamento atmosferico è responsabile, secondo l’osservatorio dell’ONU, di oltre un quarto delle morti premature nel mondo. Il surriscaldamento globale sta creando scompensi meteorologici un po’ ovunque, con il susseguirsi di fenomeni un tempo molto più rari e localizzati. Anche le acque non se la passano bene, oltre ai veleni provenienti da scarichi industriali e urbani sempre troppo poco controllati (è di questi giorni la notizia di probabili sanzioni UE all’Italia per gli scarichi fognari non a norma), e alla sempre maggior concentrazione degli stessi a causa della scarsezza d’acqua, dovuta anche ai sempre più massicci prelievi, si manifesta con evidenza sempre maggiore la massiccia presenza di rifiuti, prevalentemente in plastica, sulle sponde e nell’alveo dei fiumi. Poiché tutti i fiumi finiscono in mare il risultato è che si sono formate vere isole di plastica, la più grande, nell’oceano pacifico è grande 1,6 milioni di km2 (un’estensione pari a tre volte la Francia!).

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E’ chiaro che un fenomeno di proporzioni così macroscopiche può essere arginato solo attraverso un radicale cambiamento del nostro stile di vita, dell’economia e dei sistemi produttivi, e soprattutto del packaging, ossia del confezionamento dei prodotti. La maggior parte della plastica che finisce nelle nostre acque è infatti prodotto dagli scarti di confezionamento e imballo di generi di prima necessità: bottiglie in pet, blister, vaschette, sacchettini ecc… Questi sistemi sono utilizzati soprattutto per preservare più a lungo la “freschezza” (?) di prodotti confezionati, ma spesso vengono utilizzati per semplice comodità. Si veda il caso estremo della frutta sbucciata e rivenduta “pronta all’uso” sigillata nella plastica: spicchi di mela, arance presbucciate ecc… (Come ci siamo ridotti se non sappiamo o non abbiamo più nemmeno voglia di sbucciare un’arancia, ma preferiamo distruggere l’ambiente per la nostra pigrizia?!..).

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Al di là dello scempio paesaggistico e faunistico, questi materiali degradano in microplastiche che finiscono nella catena alimentare, con gravi rischi per la salute (anche) umana.
Un primo passo che tutti possiamo fare nel nostro piccolo è quello di evitare, per quanto possibile, i prodotti confezionati nella plastica, preferire sempre i prodotti freschi, confezionati nella carta, senza vaschette, blister, sacchettini ecc.
Ma anche nell’ambito del nostro sport possiamo fare qualcosa. Non darò indicazioni sul comportamento da tenere in fiume, sul non lasciarsi dietro rifiuti, ma anche pezzi di espanso, imbarcazioni danneggiate ecc.. Mi auguro e voglio pensare che chi è appassionato di sport di pagaia ci arrivi da solo, senza bisogno di raccomandazioni.
Mi riferisco invece alla pressione che possiamo fare sulla ditte che producono i materiali che utilizziamo. E’ ovvio che, al momento, non è pensabile rinunciare alle materie plastiche per la realizzazione di certi materiali (kayak da torrente o noleggio, pagaie da noleggio ecc…), ma che bisogno c’è che questi, o altri articoli (abbigliamento tecnico, calzature, dotazioni di sicurezza ecc…) siano venduti con un packaging di plastica?
Se compro un kayak ad esempio, mi arriva avvolto in metri e metri di pluriball plastico (le vescichette tanto goduriose da schiacciare) e altri metri e metri di cellophane da imballaggio. E’ proprio necessario? Dal momento che non è necessario preservare la freschezza del prodotto, perché non fare pressioni sulle case produttrici affinché utilizzino un packaging più ecologico, a base di cartone per esempio, o fibre vegetali?
Lo stesso vale per l’abbigliamento. A cosa serve che un salvagente, una giacca da acqua, un casco, vengano venduti sigillati in un sacchetto di plastica? Non basta un foglio di velina, una scatola di cartoncino?
E’ un primo passo certo, un bicchiere nel mare, se si vuole, ma dal momento che, se vogliamo arginare il fenomeno, è necessario cambiare radicalmente il nostro stile di vita e di sviluppo, da qualche parte bisogna cominciare e questa è una di quelle parti.
Diamo un segnale per la tutela delle nostre acque, chiedendo a tutte le ditte che producono materiali per il nostro settore di rivedere integralmente la loro politica di packaging eliminando la plastica.

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