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Jackson Nirvana M

Jackson Nirvana M published on

Red-Nirvana_large di Paolo Santoné
Finalmente la prova che da mesi aspettavo di fare: la nuova creazione di EJ è stata fin da subito una delle imbarcazioni che hanno acceso il maggiore interesse nel segmento dei creeker da nove piedi, un po’ perché tira le somme, estremizzandole, dell’evoluzione del design degli ultimi anni, un po’ perché è una delle poche nella sua classe che viene proposta in due misure, andando così a coprire un ampio range di utilizzo, per quanto riguarda il peso del conduttore.

La protagonista di questa prova è la versione M, adatta per il mio peso, lunga 273 cm e larga 67 per un volume di 325 litri, misure dichiarate dalla casa che non ho avuto modo di verificare. Va detto che in prima istanza il volume dichiarato era di 80 galloni (300 lt) mentre al momento in cui scrivo la misura indicata è 86 galloni (325 lt appunto) per il modello M, mentre per il modello L lo stesso sito del produttore indica, in pagine diverse, differenti misure 94 e 97 galloni.
Purtroppo la misura del volume non è così istantanea come altre, quindi non è facile verificare. A occhio propenderei più per i 300 litri della prima indicazione per la M, ma si tratta di un’opinione senza alcuna valenza oggettiva.
Il peso dichiarato è di 44,5 lb (20 kg) e, anche se non ho avuto modo di verificarlo, la misura mi sembra congrua.

A prima vista si nota immediatamente la cura profusa dalla casa statunitense nella realizzazione di questo kayak. Ogni particolare è studiato con attenzione e nulla è lasciato al caso. Il giudizio estetico è molto soggettivo, ma personalmente trovo che il design sia molto elegante e accattivante, tanto che è la prima Jackson che trovo veramente bella. Le linee sono tese e pulite con un piacevole mix di curve e spigoli vivi. Il fondo è decisamente planante, con rocker progressivo e continuo, rails marcati e fianchi piuttosto verticali; da segnalare la presenza di rails anche sui fianchi. La punta è alta e filante, la coperta piuttosto piatta, la coda larga e tronca. Si vede chiaramente che il baricentro è spostato verso la zona posteriore, il canoista è seduto più indietro rispetto al punto mediano dello scafo e la punta risulta quindi più lunga della coda, anche se non in maniera così accentuata come nelle immagini dei primi prototipi visti in rete.
Le maniglie in punta e coda sono disposte in posizione trasversale, comode alla presa e con sufficiente spazio per le mani. Sono in materiale plastico, ma si nota chiaramente, in prossimità delle viti di fissaggio, la presenza di un’anima metallica (non più così scontata negli ultimi modelli usciti…). Sono presenti i punti di forza aggiuntivi, costituiti da barretta in inox, davanti e posteriormente al pozzetto.
L’impostazione interna, a mio giudizio, è molto comoda e curata. Il sedile è ampio e confortevole e, anche se non sembra dei più contenitivi, si trova facilmente un’ottima posizione di voga. Il premicosce è integrato nello scafo, con imbottiture interne, benché non sia molto pronunciato si riesce ad avere un ottimo contatto e controllo dello scafo, anche grazie al fatto che la coperta è piuttosto bassa (naturalmente stiamo parlando della versione M, nella L logicamente lo spazio è superiore).
Come in tutte le ultime Jackson il puntapiedi non è fissato tramite staffe ai fianchi della canoa, ma scorre sul longherone anteriore e viene fissato tramite cordino e strozzascotte. E’ studiato appositamente per poter collassare in caso di forte puntata. Per regolarlo basta sedersi e tirare il cordino alla lunghezza voluta, fissarlo con lo strozzascotte e spingere con i piedi (l’inclinazione permette di spingere con tutta la pianta). Inizialmente questo sistema mi pareva un po’ “ballerino”, ma negli ultimi modelli sono stati fatti grandi passi avanti e ormai la coerenza del puntapiedi con l’imbarcazione mi sembra quasi pari a quella di una piastra tradizionale con staffe. Il vantaggio di questo sistema, oltre alla prevenzione di infortuni alle caviglie e alla comodità, sta nel fatto che in questo modo lo scafo è totalmente privo di fori passanti (anche il sedile è fissato internamente) e il kayak di conseguenza è perfettamente stagno. In questo senso la casa statunitense ha fatto un grande lavoro di progettazione e si colloca sicuramente all’avanguardia, fatto che, in certa misura, giustifica il prezzo più elevato della media. In punta è presente di serie l’attacco per la GoPro.
Il trasporto a spalla, che sarebbe agevole a causa del peso abbastanza contenuto, è però un po’ penalizzato dallo sbilanciamento della punta, che tende a “cadere” in avanti.

Prova in acqua.
Due sono le caratteristiche che mi hanno veramente colpito di questo kayak: primo l’accelerazione che lo scafo acquista in atterraggio da un drop, non necessariamente di altezza importante, basta un metro. Appena la punta impatta l’acqua il kayak schizza letteralmente in avanti, a volte impennandosi, se il ritorno è importante, ma senza arrestare la sua corsa. In particolare con i livelli elevati di questi giorni l’ho notato nel passaggio dell’artificiale di Mezzenile sulla stura di Lanzo: nonostante il considerevole ritorno la sensazione all’atterraggio è stato di avere dei retrorazzi nella coda, talmente il kayak è schizzato in avanti. Se questa caratteristica era in qualche modo prevedibile osservando il rocker e il profilo della punta, la seconda me l’aspettavo molto meno e mi ha stupito: nonostante gli spigoli vivi e il fianco verticale, la stabilità secondaria di questo scafo è impressionante e dosare l’inclinazione, fino alle più estreme, è incredibilmente facile. Da uno scafo con il fondo così piatto e taglio di fianco tanto netto mi aspettavo una grande stabilità primaria, che infatti ha, ma reazioni piuttosto brusche e poco graduali sui fianchi. Invece è tutto l’opposto, inclinare la barca è facilissimo e anche inclinato quasi a 90° il kayak è incredibilmente stabile, e soprattutto graduale e controllabile.
La velocità naturalmente è molto buona, come ci si poteva aspettare da un nove piedi nato per le competizioni di alto corso. Ottimo quindi il boof, ma solo se si conduce il kayak con decisione mantenendo alta la punta; se la si lascia affondare tende a stopparsi a causa della coperta relativamente bassa e piatta che offre un’ampia superficie di resistenza. Ho utilizzato questo kayak solo un paio di volte, ma sono sicuro che, imparando a conoscerlo, si possano sfruttarne le doti in modo ancora più soddisfacente.
L’unica criticità che ho trovato, dovuta forse a una mia impostazione tecnica un po’ obsoleta, è stata una certa difficoltà a controllare la punta in alcune situazioni. Già stando seduti nel kayak pare di essere su un’imbarcazione più lunga, a causa dello sbalzo della parte anteriore. Ho effettuato la prova con il seggiolino in posizione mediamente avanzata, cercando di compensare un po’ la lunghezza della punta, poiché per la mia formazione tecnica sono abituato a lavorare molto nella parte anteriore, ma credo che questa imbarcazione prediliga una conduzione dal quadrante centro-posteriore, infatti anche il sedile è comunque spostato piuttosto indietro all’interno del pozzetto. In questo modo risulta anche più facile scaricare la punta, mentre, grazie al disegno della coda, i rischi di loop all’indietro sono ridotti, perché anche impennandosi il kayak tende a proseguire la sua corsa. Naturalmente essendo uno scafo così veloce e direzionale non è sempre un fulmine nelle rotazioni, particolarmente in caso di correzioni all’ultimo istante su una linea già impostata. Decisivo nel controllo delle traiettorie anche l’uso dei fianchi, facilitato dalle doti di stabilità secondaria di cui ho parlato prima.
Pur non essendo un kayak concepito per il play, ha ottime doti di surfer, grazie al disegno della punta e del fondo, ma anche in questa situazione, ho trovato una certa difficoltà a controllare la punta, che ogni tanto “partiva per la tangente”.
La manovra dell’eskimo non presenta problemi nonostante il fianco squadrato.
In conclusione un fast creeker moderno, al top per quanto concerne allestimento e finiture, capace di grandi prestazioni e più facilmente “addomesticabile” di quanto la linea aggressiva farebbe supporre, ma che richiede comunque una tecnica evoluta e un certo periodo di apprendistato, per essere sfruttato al meglio delle sue potenzialità.

Mi piace di più Mi piace di meno
  • Design
  • Cura dei particolari
  • Comportamento del fianco
  • Accelerazione dopo il boof
  • Comodità dell’impostazione
  • Velocità
  • Punta non sempre facile da controllare
  • Rotazioni a volte faticose

Un particolare ringraziamento all’amico Vladimiro Caminiti per aver permesso questa prova.

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