Skip to content

La classificazione delle difficoltà e il problema della scala chiusa.

La classificazione delle difficoltà e il problema della scala chiusa. published on 4 commenti su La classificazione delle difficoltà e il problema della scala chiusa.

jordalselvi2pAcquistai il mio primo kayak nel 1986, si chiamava Kriss, nella scelta avevano avuto un peso non indifferente le mie reminiscenze salgariane. Era in vetroresina, lungo circa 4 metri e le estremità sfioravano l’acqua.

Non che all’epoca non fossero già in commercio alcuni modelli in polietilene, ma le linee d’acqua erano quelle: specie di sigari, senza alcun accenno di rocker.
Da allora, in trent’anni, nel kayak di acqua bianca, si è assistito ad una vera rivoluzione, nelle linee d’acqua, nei materiali, nella tecnica. Non solo i kayak, ma anche l’abbigliamento tecnico e le pagaie attuali, sarebbero apparsi allora fantascientifici.
Eppure c’è una cosa che non si è evoluta: la scala della classificazione delle difficoltà. A cavallo degli anni 80 e 90 del ‘900 si parlava già nel nostro paese di aprire la scala di difficoltà verso l’alto introducendo il VII grado, laddove la scala europea si arrestava al VI, spesso comprendendo in tale classe anche passaggi o rapide impraticabili, o aumentando la confusione, impraticati. La scala americana si fermava invece alla classe V.
In quegli anni si cominciavano ad aprire tratti e passaggi di difficoltà sempre crescente: la forra del Travignolo in Trentino, il salto di Mondrone e il tratto dei Salti Californiani della stura di Ala, e il Chiusella altissimo, in Piemonte, per citare solo i primi che mi sovvengono. Si sentiva quindi l’esigenza di aprire la scala delle difficoltà verso l’alto, per evitare di comprimerla verso il basso, dal momento che un numero sempre maggiore di rapide o tratti considerati impraticabili, cominciava invece ad essere percorso.

Travignolo
Forra del Travignolo
Mondrone
Gorgia di Mondrone

Attualmente, con la l’evoluzione dei materiali e della tecnica, sono stati affrontati passaggi sempre più impegnativi, sono state aperte rapide sempre più difficili, e oggettivamente pericolose, alcuni passaggi che si vedono nei filmati odierni dei più agguerriti pro paddlers rasentano l’incredibile.
E la scala delle difficoltà? Ci si aspetterebbe che avesse raggiunto almeno l’ VIII grado ormai… e invece no… è sempre ferma lì al VI, e nemmeno in Italia si sente più parlare di VII.
StikineLa conseguenza ovvia di questo blocco è che, inevitabilmente, la scala si comprime verso il basso e diventa sempre più difficile identificare con buona approssimazione uno standard di difficoltà.
Se poi aggiungiamo il fatto fondamentale che la difficoltà è indissolubilmente legata alla portata, tanto che una valutazione di difficoltà, in assenza di un riferimento idrometrico, è pressoché impossibile, appare chiaro che sarebbe opportuno avere una scala il più ampia e articolata possibile e non continuare a comprimere tutto entro il VI grado.

kayak-waterfallPer ovviare a questo inconveniente i paddlers italiani danno libero sfogo alla fantasia, così nascono le difficoltà creative: il terzone, il quartino (da non confondersi con quello di rosso), il quintone che è più del V ma meno del sestino… e via discorrendo… All’estero sono meno coloriti e ci si limita ad aggiungere “più” e “meno”, e “più più” e “meno meno” , finché per dare un’idea approssimativa delle difficoltà di una rapida si deve ricorrere a un’equazione.
Se questo può non essere un gran problema per chi ha maturato anni di esperienza sui fiumi e quindi è in grado di leggere da solo le rapide e capire se sono o meno alla sua portata, è chiaro che diventa un problema più grosso per un principiante, che deve fidarsi dei giudizi altrui. Ma anche il pagaiatore con esperienza, al momento di imbarcarsi su un fiume sconosciuto, magari ingolato e senza possibilità di appoggio stradale, leggendo che sono tot km di IV grado, non sa mai bene cosa aspettarsi: un quartino o un quartone? Un po’ più che un III o poco meno di un V? I più e i meno possono fare la differenza, specie quando non c’è la possibilità di uscire o trasbordare.
Il perché si permanga in questa situazione di sempre maggiore confusione non è chiaro. Forse i top paddlers per malintesa modestia non osano dare un giudizio di difficoltà oltre il VI ai passaggi che aprono. Forse qualche aspirante top, tende ad attribuire un giudizio di difficoltà minore per sentirsi più importante ed esperto, forse qualche altro compie, con lo stesso fine, l’operazione inversa… Fatto sta che la confusione aumenta e si naviga (è il caso di dirlo) sempre più nell’indeterminatezza.
Sarebbe finalmente ora di aprire la scala verso l’alto, senza vergogna e senza falsa modestia.

Please follow and like us:

4 commenti

E’ un problema che si trascina da moltissimi anni .E’ fuori discussione che la scala I.C.F. attualmente in uso è obsoleta e sta al torrente come la Mercalli sta al terremoto ,il problema è trovare o formare una commissione Ritter ,che possa regolamentare con senno e non il metodo “è tutto secondo…….secondo chi lo fa”Va tenuto presente che su alcune decine di migliaia di Kayakers e Canoisti Italiani,sono si e no un migliaio che pagaiano nel V°, chi naviga oltre il V° forse si arriva ad un centinaio ,chi si lancia nel VI° poche decine e sono un’elitt che si riduce ancora per i percorsi considerati impraticabili ,ma che oggi grazie ai moderni materiali ed una preparazione un tempo impensabile osano ,alle volte sfidando la sorte .Gengis

Bell’articolo. Sono d’accordo all’apertura verso l’alto della scala e a suo tempo scrissi un articolo in merito. Fui io a distinguere tra impraticabili ed impraticati, per una squisita e mera sottigliezza lessicale. Ciò che è impraticabile, per definizione, non potrà mai essere praticato se non dopo mutamenti dell’alveo per piene o scosse telluriche. Proposi anche la classificazione con lettere in base alla pendenza e alla portata.

Lascia un commento

Facebook
Twitter
Google+
http://www.paddlingitaly.com/la-classificazione-delle-difficolta-e-il-problema-della-scala-chiusa/">
RSS
Follow by Email