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Spade Black Jack Review

Spade Black Jack Review published on

Spade_BlackJack di Paolo Santoné
Ho avuto l’occasione di provare il nuovo allround-creeker per pesi medio-leggeri della casa austriaca e naturalmente non me la sono lasciata sfuggire. L’interesse era elevato soprattutto per il fatto che, con il progressivo allungamento dei kayak e aumento dei volumi a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, vi è una grande scelta di modelli per paddlers robusti, mentre per canoisti leggeri, che desiderano uno scafo di volume entro i 300 litri, le opzioni non sono moltissime tra i modelli più recenti.

Il Black Jack, secondo quanto dichiarato dalla casa è lungo 256 cm e largo 66 cm, e il volume indicato è di 285 litri. E’ quindi uno scafo di dimensioni contenute e viene consigliato per pesi tra i 60 e gli 85 kg.
A differenza del modello di esordio, Ace of Spade, che era stampato in polietilene estruso per soffiaggio (procedimento che conferisce qualità meccaniche e robustezza superiori, ma molto costoso), il Black Jack è stampato con il più diffuso ed economico metodo rotazionale, adottato dalla stragrande maggioranza dei produttori.
Ancora, a differenza del modello precedente, solido e affidabile, ma con un design piuttosto old style, il nuovo modello presenta linee aggressive e spigoli vivi, come diversi creeker di ultima generazione.

Il produttore dichiara che, poiché il kayak è destinato ai pesi leggeri, nell’intento di contenere il peso, ha applicato un “reduced design that represents the white water Zeitgeist of the 21st century”. La definizione di Zeitgeist è la seguente: “lo spirito culturale che informa una determinata epoca, come si riflette nella letteratura, nella filosofia, nelle arti”… Stika!! E la Weltanschauung?!
L’obiettivo di contenimento del peso è effettivamente riuscito, ma il design è forse un po’ troppo ridotto, tanto da apparire un po’ sotto tono, per un kayak premium, che presenta interni e finiture che lo fanno apparire quasi un allestimento club. In particolare si nota la mancanza di maniglie supplementari o punti di forza davanti o dietro il pozzetto. Questi ancoraggi non sono un optional per fare scena, ma hanno diversi utilizzi piuttosto importanti: permettere di formare un’imbracatura per portare il kayak come uno zaino durante avvicinamenti a piedi in luoghi remoti, assicurare meglio ed evitare lo scivolamento del kayak sull’auto, antifurto, salvataggio, recupero da incastro ecc…
Ok il contenimento del peso, ma due barrette in lega e relativa viteria peseranno al massimo 200 gr. e a me pare anacronistico nel 21 secolo un creeker privo di tali dotazioni.
Le maniglie di punta e coda sono quelle in plastica rigida già presenti sul modello precedente, comode da impugnare, ma esteticamente non convincono molto e, data la sezione notevole, non sono comodissime per l’aggancio di un moschettone. Sul modello Ace ho assistito a un caso di rottura.
L’impostazione interna è semplice ma efficace, con i giusti punti di contatto, e permette una posizione di voga corretta. Il puntapiedi è conformato in modo da poter spingere con tutta la pianta, invece che con il solo avampiede. Il sedile è piuttosto ampio e, con la mia corporatura, ho dovuto aggiungere altri spessori oltre a quelli presenti.
Il poggia schiena è anch’esso minimale, ma all’altezza corretta, e fornisce un buon sostegno. La regolazione avviene tramite strozzascotte. I premicosce sono integrati nello stampo con imbottitura in espanso, benché non molto avvolgenti, assolvono bene la loro funzione, senza bisogno di regolazioni e con un peso contenuto. Il pozzetto non è enorme (poco più di un key hole) ma di ampiezza sufficiente a permettere un facile accesso e uscita dal kayak.

Come si diceva le linee sono tese e aggressive, impressione accentuata dalla coda tronca e dagli spigoli vivi. Il fondo è decisamente planante, ma non completamente piatto. I fianchi, piuttosto verticali, formano con il fondo spigoli netti, con effetto rail per quasi tutta la lunghezza, pronunciati soprattutto nella parte posteriore. La punta non è altissima ma ha  una buona portanza e il rocker è sufficientemente pronunciato. Sulla coperta sono presenti alcune nervature di irrigidimento, particolarmente nella parte anteriore.
L’estetica riflette l’impostazione minimale del tutto: le linee sono gradevoli, ma le finiture non brillano per ricercatezza, e l’aspetto appare nell’insieme un po’ dimesso.

Comportamento in acqua.
Ho provato il Black Jack nel tratto alto del Mastallone, dal bivio Rimella-Fobello a Grassura, con difficoltà intorno al 4° grado. Il kayak mi è sembrato stabile e molto manovrabile, grazie al fondo planante e alla lunghezza contenuta. Di comportamento sincero e ben gestibile, ad eccezione di un certo nervosismo, soprattutto della parte posteriore, dovuto agli spigoli pronunciati. Lo scafo non perdona le pance sbagliate, e può essere quindi molto didattico per i principianti, mentre un canoista evoluto ne apprezzerà le doti dinamiche e la maneggevolezza.
La punta plana bene nel boof, e anche quando va sotto riemerge agevolmente. Le rotazioni sono facili e pronte, sia a scafo piatto, sia sfruttando l’incidenza dei rails laterali. La manovra dell’eskimo non presenta problemi.
Nel complesso mi è parso un buon allround con propensione al creek, che ha come punti di forza il peso contenuto e la maneggevolezza, ma è un po’ nervoso nella parte posteriore e richiede quindi un assetto di pagaiata avanzato e una certa attenzione. Come tutti gli scafi di ultima generazione predilige una conduzione dinamica e proattiva.

Mi piace di più Mi piace di meno
  • Peso contenuto
  • Manovarbilità
  • Ottimo boof
  • Impostazione corretta
  • Mancanza di maniglie o punti di forza vicino al pozzetto
  • Coda un po’ nervosa
  • Finiture piuttosto spartane

Grazie a Carlo Gatti, team Spade Italia, per aver permesso questa prova.

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